La Scozia, io e l'Ostello - Storia di un amore mancato
Sono la paladina del motto sharing is caring per cui alloggiare in un ostello, durante il mio appena concluso pazzesco viaggio in Scozia, mi sembrava l'idea migliore. Viaggiando sola, sia sotto il punto di vista economico (15 sterline a notte era un affare!) che di quello umano, l'ostello ai miei occhi figurava come la conquista dell'isola del tesoro.
Avevo un'idea un po' romanzata (e sballata) dell'ostello: tante ragazze in stanza assieme, risate, nuove amicizie, nostalgia al momento dei saluti, condivisione di un'avventura e tante altre belle cose.
A Glasgow, al 44 di Howard Street, il 30 dicembre 2017 faccio il mio ingresso nel St. Enoch Hotel (la questione del si dice il peccato ma non il peccatore nel mio blog non è contemplata). Un italianissimo receptionist mi accoglie sorridente avvolto da una verdeggiante moquette assieme ad un profumo di cucinato misto a qualcosa di non ben identificato, se ne stava seduto dietro un'ingombrante scrivania sulla quale trionfava uno schermo con tanti quadratini, in uno dei quali subito mi riconosco. Mi consegna le chiavi della stanza n. 2 al primo piano, mi indica le scale, anch'esse ricoperte da moquette non linda, e io mi avventuro quindi fra mura screpolate, telecamere voyeur e un melting pot di odori che sapranno di casa per i miei prossimi cinque giorni.
Curiosa, arrivo davanti ad una porta vissuta che, spingendola timidamente, mi immette in un corridoio dall'aroma di kebab fermentato. Ok, qualcuno non avrà avuto voglia di uscire e si è portato la cena in stanza, ci sta, mi incalzo fiduciosa. La camera n. 2 è lì sulla mia destra, la porta deve essere stata dello stesso anno di costruzione di quella del corridoio, la apro emozionata ed entro. Tre letti a castello rosa (rumorosamente traballanti scoprirò di lì a poco) in uno spazio dove sarebbe stato troppo metterne due, ancora moquette verdeggiante su di un pavimento scricchiolante, un pezzo di armadio senza ante, una finestra dal davanzale rosicchiato e un soffitto a pannelli ondulati. Ondulati non perchè fossero opera di Antonio Gaudì ma perchè acqua, umidità, muffa e compagnia bella, lì, avevano messo radici.
Molto bene, scelgo il letto vicino alla finestra affianco ad un millimetrico termosifone risalente al 1960, ovviamente il letto di giù perchè in quello di su sarei stata troppo vicina al party di Muffa & Co. Controllo le lenzuola fiduciosa, nonostante l'introduzione poco divertente l'ottimismo fortunatamente non mi aveva lasciato. Le lenzuola sono pulite e profumate così come l'unico asciugamano in dotazione con sopra saponetta e shampoo. Ringrazio il Cielo ed esco a cercare il bagno.
Chissà che hanno pensato vedendomi vagare per i corridoi kebabbari alla ricerca di un water, fatto sta che non l'ho trovato e son scesa alla reception a chiedere. Dice che è in camera mia, la porta subito a destra. Un'altra porta? In camera mia? Ma siamo sicuri? Risalgo scettica, apro la mia stanza dubbiosa, guardo a destra incredula. Ficcata dentro la parete giallognola, una porticina invisibile dello stesso colore del muro nascondeva quello che doveva essere il bagno. Manco si poteva aprire bene perchè c'era il letto attaccato e quindi già una con qualche chilo in più di me non ci sarebbe potuta entrare. Accendo il piccolo interruttore all'esterno, tiro in dentro la pancia e riesco ad entrare in uno sgabuzzino di un metro quadro (UN METRO QUADRO GIURO) con doccia, wc e lavabo delle Barbie. Detta così sembrerebbe pure carino e sarebbe stato anche carino se fosse stato ben fatto e pulito.
Ho scelto Glasgow perchè la maggior parte delle scene del film Trainspotting (che amo) son state girate qui ma non pensavo che mi sarei trovata dentro una scena di Trainspotting, dentro la scena più disgustosa aggiungo. Mark Renton che si tuffa nel lurido water di un locale per recuperare delle supposte di oppio ce lo avete presente? Bene. Nel mio caso il water era l'unica cosa pulita. L'UNICA.
Cosa mi ha trattenuto da urlare e scappare?
Vorrei rispondere che a trattenermi sono state le mie compagne di stanza ma...
Una in due giorni che c'era ha aperto e mangiato ottantanove biscotti della fortuna, credo alla disperata ricerca del bigliettino che soddisfacesse le sue aspettative o forse perchè lavorava in un ristorante cinese e quello era il modo del ristorante per disfarsi dei biscotti in scadenza.
Un'altra alle 7 è suonata la sveglia del mio telefono, mentre io ero nello sgabuzzino ripugnante, e mi ha bussato la porta insistentemente ed io non capendo perchè non ci si potesse manco lavare in pace a schifolandia, ho aperto di botto e quella si è seccata stile merluzzo che si trasforma in stoccafisso.
Un'altra usciva alle 6 e tornava alle 20 e non ha mai detto HI/HELLO anzi entrava in stanza di corsa ansimando dicendo OH MY GOD, con il viso paonazzo e di corsa si buttava sul bollitore, che per cinque giorni ho pensato fosse una spia del Mossad e ogni volta che apriva la porta ringraziava Dio perchè anche quel giorno l'aveva fatta franca.
Un'altra ancora, una settantina d'anni, sembrava Stanlio versione femminile con quel viso lungo e quell'espressione da beota dipinta in faccia è salita sul letto sopra il mio alle quattro del pomeriggio e non si è più svegliata. Non so se è morta, me ne sono andata la mattina dopo alle sei che c'era ancora e al mio ritorno non c'era più.
Un'altra doveva essere una viaggiatrice solitaria come me ma con l'entusiasmo di Hilary quando ha saputo che aveva vinto Trump. Si accampava sulla moquette a leggere (e su quella moquette io non ho avuto il coraggio manco di camminarci con le mie immacolate ciabatte) e l'ho trovata la notte di Capodanno a George Square con un muso lungo che quando è scoccata la mezzanotte, mentre tutti YEAHHHHH UUUUUUH HAPPY NEW YEAR, è scappata.
Un'altra, un'australiana di 2 metri che non ci stava nel letto, aveva una tosse talmente forte che, oltre ad impestare la camera di microbi d'oltreoceano, non mi ha fatto chiudere occhio per due notti. I'm really sorry for my cough, ha detto però rivolgendosi a tutte realmente afflitta. Le avrei voluto rispondere che non aveva azzeccato il periodo giusto per emigrare dal suo caldo paese ma mi è sembrato indelicato affondare il coltello nella piaga.
Un'altra, vista solo durante l'ultima notte, è stata l'unica che mi ha salutato calorosamente con un HELLO con la vocina tipica di come ci si rivolge ai bambini, appena rientrata dai miei giri. Ho pensato, eccola, avevo ragione che negli ostelli può nascere qualcosa, per poi ricredermi dopo tre secondi: era al capezzale dell'australiana con la fastidiosa e brutta tosse e vedendomi ha sicuramente pensato "almeno se questa muore tossendo, non sarò sola a dover dare spiegazioni alla polizia".
Cosa mi ha trattenuto quindi da urlare e scappare? Immagino il mio spirito di adattamento, le ottanta sterline già pagate a scatola chiusa, il mio ottimismo folle, Sant'Arrangia o, forse, la voglia di scoprire una nuova Terra ad ogni costo!
E, dirò la verità, nonostante la diversamente piacevole esperienza, continuo a credere, sebbene non più ciecamente, nel fascino di una stanza condivisa (possibilmente con un bagno pulito, pareti sane e letti silenziosi).
D'altronde, l'ottimismo è il profumo della vita!
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