Posti imperdibili in Sardegna: Argentiera

L’isola dalle vene d’argento ( Argyróphleps nésos), così come la apostrofarono i Greci, non finirà mai di sorprendere il turista così come non finirà mai di stupire me.

Conosciuta principalmente come regno di candide spiagge, di resorts di lusso, di acque color smeraldo, bramata meta di ricchi stranieri, patria della tranquillità dell’animo e della serenità dei sensi, la Sardegna è fatta anche di segreti ben nascosti, di luoghi che trasudano misteri, di paesi che, come spugne se strizzati, straripano di storie affascinanti. Bisogna solo saper andare oltre l’apparenza (sebbene qui NON inganni!).

Oggi Vi racconto il piccolo, vecchio e dimenticato borgo minerario di Argentiera.

Nel Nord-Ovest sardo, in provincia di Sassari, sulla costa ovest dell’altopiano della Nurra, la location in cui sorge il piccolo paesino fantasma è esclusiva: sul fianco di (a loro tempo) generose montagne argentate che ondulate si fiondano a picco sul mare azzurro e luminoso, davanti alla spiaggia di San Nicola dalla morbida sabbia tempestata di granellini di silicio scintillanti, di fronte ad un panorama mozzafiato: l’orizzonte del nord-ovest sardo, Argentiera potrebbe sembrare (all’orecchio!) la destinazione turistica ideale.

Ma tutto dipende dal punto di vista!

Piccolo borgo di minatori, Argentiera viene scoperta già all’epoca dei Romani per i suoi giacimenti di galena argentifera, da cui appunto prende nome, ma anche di piombo e zinco. Ma se prima ha vissuto i fasti dell’estrazione e dell’esportazione in tutta Europa, ora è come sospesa nel tempo e nello spazio, malandata e abbandonata (come invece NON dovrebbe essere un sito minerario!), nonostante faccia parte del Parco Geominerario della Sardegna (dal 2001 patrimonio dell’Unesco) e sia in corso una restaurazione conservativa di tutto il sito. Sembra sia stato dato tutto in dono a Madre Natura, il silenzio vi ha da tempo preso residenza, lontana com’è dalla corrente turistica che abbraccia invece il resto delle coste sarde.

Arrivandoci nel 2013, e ritrovandosi davanti ad un mix tra un singolare cumulo di macerie ottocentesche e un facsimile architettonico del nostro millennio, sembra che di colpo al primo sguardo finisca tutta la suggestione di cui si è sempre sentito parlare (e per la quale io ho insistito tanto di provare!). Gli intonaci iniziano nuovamente a profumare di fresco, le tegole di un moderno arancio sui tetti, le vergini tavole di legno di pino della vecchia laveria, le reti di ferro e le porte di vetro a blindare gli ingressi sia degli edifici che della miniera. E’ già stata imboccata, un po’ qui e un po’ là, la strada verso la colossale opera di ristrutturazione e restauro conservativi, iniziativa dell’Amministrazione Comunale di Sassari, che porterà, ci si augura, ad un utilizzo esclusivamente museale di tutti gli edifici presenti. Il progetto che si è pensato di ideare, il “Museo della Miniera”, avrà la finalità di valorizzare ciò che è stato, di non dimenticare quel pezzo di storia così importante per la Sardegna, in modo da far spiccare la spettrale borgata tra i poli di attrazione storico-culturale e di memoria della Sardegna. E, tuttavia, penso sia il minimo da fare, perlomeno in ricordo di tutte le persone che per quella miniera hanno dato il cuore e nella quale, molte volte, han lasciato la propria vita.

Ecco, entrandoci con una diversa ottica, il magnetismo dell’intero sito magicamente riaffiora.

Validissimo esempio di archeologia mineraria (e industriale), il complesso costituito da semplici fabbricati disseminati in un ampio spazio, nonostante l’avviata ristrutturazione, ha un aspetto simile alle città fantasma dell’Arizona, l’atmosfera è tetra. La Chiesa isolata sul cucuzzolo, il dopolavoro, il cinema maestoso sulla collina a ridosso del mare, la foresteria, la mensa, la residenza del direttore in alto, tra le palme, le umili dimore delle famiglie in semplici caseggiati a due piani. Gli edifici delle maestranze, i pozzi, gli stretti varchi per la miniera. La singolarità del desolato paesello minerario è dato dalla laveria (ora quasi restaurata fedelmente per intero), nel nucleo centrale del borgo, realizzata in legno, materiale insolito per quel tempo, ed è anche la costruzione più coinvolgente: una carcassa di tavole logorate (ancora per poco!), che a gran voce richiama l’attenzione su di sé. Quelle quattro smilze assi di legno, oggi sottosopra, hanno sostenuto, dal lontano 1867, anno in cui fu data in concessione la miniera (anche se l’inizio di uno sfruttamento continuativo risale al 1131 d.C.), al 1963, anno in cui venne definitivamente chiusa (“ Sopravvenuto esaurimento giacimenti et comprovata in coltivabilità”), il tetto economico di molte famiglie. Era proprio lì che l’arduo lavoro dei minatori veniva messo alla luce: i preziosi minerali estratti, attraverso la fase dell’arricchimento, erano pronti a prendere il largo in direzione del Nord Europa all’inizio, e del Nord Italia alla fine.

Il celebre periodo degli anni di fine ‘800 è solo un ricordo, ma i brividi ti avvolgono quando, chiudendo gli occhi, ricostruisci timidamente la vita di allora, così tanto lontana dalla tua.

L’andirivieni afoso degli operai per otto ore nel buio, la silicosi, le grida felici, perché ingenue, dei bambini in tenera età. Il duro lavoro della cernita a mano delle mogli avvolte nelle lunghe e pesanti gonne.

L’incessante rumore delle macchine dei tre pozzi, l’assordante frastuono dei macchinari a vapore dentro la laveria.

La rinuncia quotidiana alla luce per amore della famiglia, il cuore più leggero ogni quindici giorni all’arrivo del magro salario, i sogni chiusi in un cassetto dell’anima, la consapevolezza di non avere altra scelta.

Il bacio sulla fronte ogni mattina ai figli nel dubbio che fosse l’ultimo. E, a volte, è stato l’ultimo.

Ora è storia impregnata nei muri di pietra degli edifici, negli stracci appesi alle finestre strappati dal vento, negli ingressi delle miniere ululanti di memoria. Girando intorno al piccolo insediamento sembra quasi di sentire l’eco della sua gente, del loro dolore, delle loro fatiche, dei loro sacrifici, delle loro condizioni estreme, del loro forzato amore folle per quel lavoro tanto pericoloso e disperato quanto assolutamente necessario e, da sempre, mal retribuito.

E’ socchiudendo le palpebre, ritornando indietro nel tempo con la mente, non soffermandosi solo alla percezione visiva, che Argentiera si riappropria del suo fascino sinistro, malinconico. Ti strega, ti tiene stretto in una morsa, ti prega di ricordarla per com’era e per cosa è stata, cosa ha dovuto attraversare, cosa le è successo. Ti nutre di sensazioni ed emozioni che mal si spiegano a parole, dovete provarle.

Stanca, affranta, sfiduciata si sgola affinché qualcuno risponda al suo appello, i ricordi sono ciò che di più importante ha da regalarci.

Per cui andateci, ora. E lasciamo pure che i ruderi diventino museo. E’ importante che questo sito minerario venga riqualificato, senza danni ovviamente. L’incanto di Argentiera non è tanto nelle cose materiali nelle quali incappiamo durante il breve soggiorno, ma nella sua storia, nella sua memoria.

Anche io all’inizio son rimasta delusa poi..…ho chiuso gli occhi.

* * * * *

Vi lascio con una riflessione, drammatica ed emozionante, di Manlio Massole, minatore-scrittore sardo dell’Inglesiente.

…“Per andare in miniera bisogna scendere. Sottoterra.
All’imbocco del pozzo si lasciano il sole e le nuvole, i boschi e le pernici. Si lasciano le mogli e i figli. Solo Dio, forse, ci si porta appresso nella parte più intima di noi, se anch’Egli non ci abbandona laggiù fuggendo la materia più profonda.
Nel terribile mondo della roccia e del buio, sopravvivono solo uomini di roccia e di buio che hanno necessità di dimenticare la coscienza di essere uomini che, se li coglie nel buio del lavoro, li spinge nel pericolo della fuga o della ribellione.
Da questo la necessità di riconoscersi, nelle otto ore di lavoro, materia pura, rimandando l’umanità alle ore del riposo, all’incontro, ogni giorno meraviglioso e inaspettato, con la moglie e i figli”…

* * * * *

Per informazioni più dettagliate su Argentiera e la sua storia:

http://www.argentiera.castelmeteo.it/libro/libro.htm

Per non dimenticare le donne in miniera:

http://biblioteca.wikimedia.it/wiki/Miniera,_la_vita_di_una_donna

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